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PIAZZA BENEDETTO VARCHI

La piazza centrale del centro storico, che un tempo costituì l'epicentro dell'antico mercatale. 

Ai suoi quattro lati si possono ammirare il Palazzo del Podestà, la Collegiata di San Lorenzo con il suo bel campanile, il Comune, Palazzo Martini e l'antica casa di Benedetto Varchi.

CASSERO

Costruito durante il secolo XIII d.C. contestualmente alle mura che circondavano l'antico mercatale di Montevarchi, il Cassero fu in origine sede del Podestà  della Repubblica di Firenze. Modificato nei secoli, sopravvisse all'abbattimento delle mura cittadine e fu destinato a caserma dei Reali Carabinieri. Oggi ospita un museo dedicato all'arte contemporanea del '900.

COLLEGIATA SAN LORENZO

La collegiata di San Lorenzo Ã¨ la principale chiesa di Montevarchi. Si trova sul lato est di piazza Varchi, la piazza centrale della città.

​L'antica San Lorenzo, con il suo stile ibrido che si ipotizza potrebbe aver oscillato tra il tardo romanico e il gotico toscano, non doveva essere dissimile, per convergenze sia spaziali che temporali, a quello di numerose chiese fiorentine tipo San Giorgio alla Costa sotto il Forte Belvedere. Venne comunque rimaneggiata nel 1560 e ancora nel 1637 fino a quando nel 1706 il proposto della Collegiata Angiolo Domenico Soldani o Soldani Benzi non commissionò a suo fratello Massimiliano il rifacimento totale dell'edificio.

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CHIESA DI SAN SEBASTIANO

La chiesa della Confraternita della Misericordia o chiesa di San Sebastiano si trova a Montevarchi in via Cennano. Edificata nel 1567, è ad aula unica voltata e presenta una graziosa decorazione rococò in stucchi dorati. La chiesa, attualmente in uso alla Confraternita di Misericordia di Montevarchi, ebbe la sua origine come chiesa del monastero delle suore agostiniane di clausura, detto "monastero di Santa Maria del Latte". Fu consacrata dal vescovo di Fiesole Francesco Cattani da Diacceto il 12 maggio 1573 e rimase di proprietà delle agostiniane fino alla soppressione del loro monastero avvenuta nel 1813 ad opera dell'amministrazione napoleonica.

I locali della chiesa furono ricavati in un tratto delle mura cittadine di Montevarchi e all'inizio era decisamente più piccola di quella attuale. Era divisa in due ambienti da un alto muro: uno era riservato ai fedeli che vi accedevano da via Cennano, e l'altra parte era riservata alle monache che vi accedevano dall'interno del monastero rispettando laclausura. Fra i due ambienti si trovava l'altare ed in questo era infissa una fitta grata di ferro tramite la quale le monache potevano seguire i riti religiosi. Il coretto delle monache si trovava nella parte absidale della chiesa, nel vano di una antica torre delle mura castellane, la torre di Marchionne per la proprietà della quale le monache pagavano una tassa.

Quando le monache dovettero abbandonare il monastero per la soppressione napoleonica, e l'amministrazione incamerò anche tutti i loro beni, la chiesa fu privata dei suoi arredi e sarebbe stata chiusa se la curia fiesolana non vi avesse nominato un rettore nella persona del proposto della collegiata di Montevarchi. Questi, aiutato da pie persone che formavano due compagnie religiose già istituite in questa chiesa, la Congregazione di Sant'Antonio da Padova e la Congregazione del Sacro Cuore di Gesù, poté assicurare alla chiesa - sia pure saltuariamente - una ufficiatura religiosa. Di fatto tuttavia rimase praticamente abbandonata, tanto che in curia già si cominciava a pensare di sconsacrarla.

La salvò la Confraternita di Misericordia che la ebbe in uso nel 1846 quando, dopo essersi appena costituita, occupò i locali dell'antico convento. Urgevano però riparazioni e restauri per adattarla alle esigenze della Compagnia.

Per onorare il suo protettore san Sebastiano, la Confraternita pose dietro all'altare una tela centinata raffigurante laDeposizione di san Sebastiano. Un grande quadro raffigurante il santo che, dopo subito dopo il martirio delle frecce, viene assistito da pii nobili romani. Il quadro fu eseguito nel 1868 dal montevarchino Giuseppe Marrubini insegnante nella scuola di belle arti a Firenze.

Altri lavori furono eseguiti nel 1937 con l'abbattimento dell'antico divisorio tra chiesa e coro, sostituito dalle tre arcate che sovrastano l'altare, la chiusura delle nicchie laterali (oggi riaperte) con due bassorilievi in gesso raffiguranti il Battesimo di Gesù, e Maria in Trono dello scultore Giovanni Bianchi. Nel 1960 la chiesa fu nuovamente ristrutturata ampliando il coro, costruendo una balaustra artistica al limite del presbiterio, e rifacendo la facciata con l'apposizione sulla finestra centrale di una vetrata di Ascanio Pasquini raffigurante la Madonna della Misericordia. L'ultimo restauro risale alla fine degli anni ottanta

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CHIOSTRO DI CENNANO

L'attuale Chiostro di Cennano, in via Poggio Bracciolini a Montevarchi, è quanto rimane di buona parte dell'ex-monastero francescano di San Ludovico. Dopo la soppressione del convento nel 1808, venne assegnato nel 1821 alla propositura di Sant'Andrea a Cennano che, a sua volta, nel 1889 lo scorporò dalla canonica e lo cedette all'Accademia Valdarnese del Poggio

Il chiostro, più tardo rispetto alla chiesa, venne aggiunto all'impianto del convento solo nel 1471 come riporta anche uno dei capitelli del colonnato e solo grazie ai denari, pare, di un privato, un certo Donato Sgheri montevarchino. La porta lignea di accesso al chiostro, tuttora al suo posto, porta invece incisa la data del 1522.

Con il passaggio all'accademia, il chiostro fu notevolmente alterato dalla chiusura di tutte le arcate del lato ovest del porticato, quello adiacente a via Poggio Bracciolini, per ricavarne una scala di accesso al piano superiore. Successivamente furono murati, con pareti finestrate, anche gli altri tre lati. A ricordarne l'antica destinazione d'uso restavano solo i capitelli e i mozziconi delle colonne che sporgevano dall'intonaco e alcune ornamentazioni pittoriche, ottocentesche, che seguivano i ricalchi delle volte.

Fu riportato alla forma originaria nel 1963 dopo tre anni di restauri.

CHIESA DI SANT'ANGELO ALLA GINESTRA

L'odierna chiesa di Santa Croce, in località La Ginestra a Montevarchi, è tutto quello che rimane del ben più famoso ed importante monastero di Sant'Angelo alla Ginestra le cui vicende politico-religiose segnarono la storia montevarchina, come quella di tutte le altre comunità circostanti, a partire dal VII secolo e fino a tutto il '700. All'atto della sua fondazione la chiesa venne intitolata all'arcangelo San Michele ed essendo stata la prima chiesa in diocesi di Arezzo dedicata al culto di san Michele, si fa risalire la sua costruzione al quinquennio 615-620 ovvero tra l'anno in cui Bonifacio IV, dopo le apparizioni dell'angelo nel Gargano del 495, autorizzò la prima chiesa di San Michele al Circo Massimo e l'anno in cui partì la costruzione della seconda chiesa di San Michele per la diocesi di Arezzo ossia San Michele in località Luco o Chiusure.

La chiesa era in realtà l'oratorio di un monastero detto di Sant'Angelo, ossia San Michele l'angelo per antonomasia, e di regola benedettina, come testimonia anche uno stemma in pietra scolpito su un portone di accesso ai locali attigui alla chiesa, sorto per volontà di un ricco vassallo, tradizionalmente merovingio ma più probabilmente longobardo, di nome Berulfo.

Il monastero subì una prima devastazione nell'849 ad opera dei saraceni che in quell'anno riuscirono a penetrare in Toscana e a metterla al sacco ma, per volontà dei vescovi di Arezzo, venne nuovamente riedificato anche se non nell'immediato.

CHIESA DI SANTA MARIA DEL GIGLIO

La chiesa di Santa Maria al Giglio Ã¨ un edificio di culto che si trova in via Ammiraglio Burzagli 124 a Montevarchi.

Nel XVI secolo il Giglio, oggi popoloso quartiere di Montevarchi, era solo una località di campagna fuori dalle mura della città che prendeva il nome dal lilium, giglio, che qui si coltivava come in altre zone delChianti fiorentino[1]. L'area era, ed è ancora, attraversata da un torrente che allora si chiamava "Ricasoli" ma che oggi è chiamato "Borro del Giglio", e su questo corso d'acqua sorgeva, e sorge ancora, un ponte in muratura a monte del quale stava, ma oggi non sta più, un madonnino chiamato appunto Madonna del Ponte.

L'area del ponte e i suoi dintorni erano di proprietà della Confraternita di Santa Maria del Latte e infatti l'affresco sul tabernacolo, di fattura cinquecentesca, rappresentava proprio Maria che allattava il bambin Gesù. Insomma un normale tempietto devozionale posto a un crocicchio di strade e stradine lungo la via che portava a Firenze

PALAZZO DEL PODESTA'

Oggi reso a nuovo splendore dopo accurato restauro, il palazzo ospita le sedute del Consiglio Comunale ed è adibito a location per mostre ed eventi culturali.

Il Palazzo del Podestà di Montevarchi, per secoli sede storica della principale magistratura cittadina, poi della Pretura e, ad oggi, del Consiglio Comunale, è un palazzo pubblico che si affaccia su Piazza Varchi e sorge di fianco al campanile della Collegiata di San Lorenzo

Il primo, documentato, podestà di Montevarchi fu Brunetto Latini che nel 1273 si insediò in città al momento del definitivo passaggio dai Conti Guidi alla Repubblica Fiorentina del Castellare e del borgo di Montevarchi. Questo comunque non vuol dire che la comunità montevarchina non avesse sperimentato prima questo tipo di magistratura.

Infatti nel 1208 il conte Guido Guerra III, prozio di quel Guido Guerra V che fece di Montevarchi la sua residenza, suddivise i possessi della famiglia in vari viscontadi e, in ognuna di queste regioni amministrative, affidò le funzioni di capo dello Stato, ovvero di tutore degli interessi del conte, a un visconte mentre, a capo del governo cioè dell'amministrazione degli affari pubblici, appuntò un podestà che doveva risiedere vicino ma separato dal visconte. Sebbene non esistano prove documentarie che attestino che anche Montevarchi rientrasse in questo tipo di suddivisione organizzativa, le similarità con Mercatale, appartenente al Viscontado della Valdambra di cui ci rimane lo Statuto, sono tali da poter supporre che anche Montevarchi avesse un suo visconte e un suo podestà dagli inizi del XIII secolo. Da una pergamena della Badia di Passignano, conservata adesso nell'Archivio Diplomatico Fiorentino, rogata il 13 aprile 1207 "nel Mercato di Monte Varchi" si può chiaramente evincere che già all'epoca, nel fondovalle, esisteva una comunità ben organizzata tanto da avere un suo notaio che indicava il Mercatale montevarchino come luogo ufficiale e riconosciuto di rogazione. Pertanto non è del tutto campata in aria la supposizione che il visconte risiedesse nel castello sul Poggio di Cennano, come in Valdambra risiedeva a Bucine, e che il podestà invece avesse la sua residenza nel mercatale proprio come il podestà del viscontado vicino viveva alla Torre di San Biagio nel mercatale.Il tutto si riallaccerebbe alla tradizione popolare che vuole che l'attuale Palazzo del Podestà altro non sia che un tardo rimaneggiamento di quella che era la residenza dei Guidi nella "Montevarchi di Sotto".

La podesteria di Montevarchi venne definitivamente istituzionalizzata con l'arrivo dei fiorentini e successivamente ribadita nei primi statuti del comune promulgati nel 1325. Tra i primi podestà chiamati a presiedere il governo cittadino nel '300 figurano Tebaldo da Monte Lupone e Cante de' Gabbrielli da Gubbio nel 1301 e il fiorentino messer Nicolò di Lottieri da Filicaia nel 1306. Ed è forse con loro, e sicuramente in quella prima metà del XIV secolo quando ancora la contigua San Lorenzo era in via di edificazione, che si realizzò il primo Palazzo Pubblico. E neanche l'unico visto che, sempre nel 1301, Montevarchi vantava Otto da Corinaltocome capitano del popolo e Lapo da Vinci come gonfaloniere della Repubblica che, in quanto magistrature differenti, dovevano in qualche modo avere sedi separate secondo l'uso fiorentino.

Una serie di elementi architettonici tuttora esistenti permette di poter dire che, all'epoca della repubblica, il palazzo podestarile montevarchino, sebbene molto più piccolo, non era dissimile dal Bargello fiorentino tanto che il campanile di San Lorenzo, la cui guglia finale venne aggiunta solo nel 1560, poteva, in origine, essere addirittura la torre campanaria del palazzo. Non a caso il palazzo e il campanile, o meglio quello che dal 1440 sarà il vicolo del campanile, erano e sono tutt'oggi collegati da una porticina.

L'ampio locale al piano terreno, di poco sopraelevato rispetto al livello della piazza, era quasi sicuramente la grande loggia coperta dove si riunivano i cittadini del comune quando era necessario prendere decisioni a suffragio universale. Nell'Ottocento questo spazio venne chiuso e modificato per far posto a due celle carcerarie per la pretura che qui aveva sede, ma nonostante questo sono ancora oggi visibili le originali volte a crociera trecentesche.

Passato questo primo ambiente, sul fondo, si apriva un cortile a cielo aperto, oggi coperto, di forma rettangolare da cui, come a Firenze, saliva la scala che conduceva alle due grandi sale della struttura: quella del Podestà e quella del Comune. Continuando per la scala si raggiungeva l'appartamento del podestà che, come da statuti, aveva l'obbligo di abitare nello stesso palazzo. L'appartamento comprendeva anche un patio o loggia che guardava la piazza e che venne poi successivamente incorporata nella struttura. È qui infatti che per oltre un secolo ebbe sede quello che viene ricordato come Teatro Cini.

Gli stemmi dipinti o murati sopravvissuti alle varie modificazioni strutturali dell'edificio coprono un periodo che va, con varie discontinuità, dal 1536 al 1733.

CIRCOLO RICREATIVO STANZE ULIVIERI

Il primo riferimento risale ad un certificato azionario ancora in possesso dei soci datato 1 Novembre 1948. é evidente che il circolo esisteva già prima di questa data, anzi è motivo di orgoglio per noi affermare che esiste memoria storica di un Club Ulivieri già alla fine del 1700: Il giansenismo «La stanza». Per dimostrare quanto asserito è necessario richiamare qualche pagina di storia, altrimenti correremmo il rischio di fare solo affermazioni di comodo. . La nostra storia di cronaca montevarchina parte dal 1790 e si fonda su documenti autentici dell' epoca , che Antonio Galassi , già socio del Club , ripescò da una baraonda di carte dell' archivio del Vicariato di S. Giovanni Valdarno.
I fatti sono desunti da un procedimento criminale terminato il 7 marzo 1794 con dichiarazione di non luogo a procedere. In questo periodo il gran Duca Leopoldo Primo fece sopprimere molte "compagnie religiose " che , spesso , davano luogo a disordini .
A Montevarchi sparì la " Compagnia della Notte ".
Proposto di Collegiata era Prospero Conti , uomo colto e insigne per molte sue virtù . Si ricorda anche per un suo scritto sulla Reliquia della Madonna dell Vero Latte , ove tolse tutti quegli aloni di leggenda che si erano accumulati nei secoli presso la popolazione dei credenti.
Nell' Agosto del 1790 passò da Montevarchi il vescovo Ricci di Pistoia , seguace di Giansenio e favorevole alle soppressioni delle compagnie. Si fermò dal Conti e da allora si parlò di Giansenismo in Paese.
Nacque una scissione tra i preti del paese in "giansenisti" e "molinisti" e "si principiò a fare il chiasso " . • Pertanto , alla fine del 1700 , la popolazione ed il clero di Montevarchi erano divisi. in due fazioni che si combattevano aspramente a suon di legnate, sassate, denunce e processi.
L'odio reciproco era feroce, nonostante che la quasi totalità dei contendenti sapessero ben poco su Giansenio ed i suoi oppositori.
Brevemente ricordo che le QUe opposte tesi teologali interpretavano in maniera diversa i sacri testi in fatto di Grazia e di Libero Arbitrio.
Le idee di Giansenio, giudicate eretiche dai Gesuiti, erano state sconfitte ma con la Rivoluzione francese erano ritornate in auge .
Per il popolo e per la maggior parte del clero, giansenista era sinonimo di eretico, giacobino, sovvertitore. Un decennio più tardi, al tempo dell' occupazione napoleonica, i giansenisti furono tacciati di collaborazionismo con I' invasore francese.
E così, da questi conversari tra eleganti damine in costumi settecenteschi, galanti abatini, ed eleganti cavalieri, nacquero le Stanze, convegno di una borghesia progressista ed illuminista.
Per questa loro collocazione politica probabilmente non ebbero vita facile. Seguirono altre manifestazioni faziose, durante la restaurazione e fino al 1848.
L'attività del club, in questi anni passò in sordina: nato come covo di giansenisti, bollato poi, di collaborazionismo ed infine convegno di liberali, il circolo sopravvisse ai limiti della clandestinità, tra il sospetto e l'ostilità delle autorità.
Nel 1848 esplosero gli ideali risorgimentali e liberali: i sovrani del tempo elargirono le costituzioni ai loro sudditi, ed anche «l'Ulivieri» uscì dalla clandestinità e si diede il suo Statuto.
Nel 1865 si costituì in «Società delle Stanze Ulivieri». 

Un tempo dunque concepito come circolo privato dell'alta borghesia intellettuale e della piccola nobiltà locale, il Circolo oggi ha perso le sue più antiquate prerogative, aprendosi al pubblico con un vasto calendario musicale e teatrale.

Attualmente ospita la sede operativa della Pro Loco di Montevarchi.

VILLA MASINI

Villa Masini Ã¨ una villa situata in via del Pestello 22-24 a Montevarchi.

Voluto dall'imprenditore Angiolo Masini in onore della seconda moglie (deceduta prima della fine dei lavori) e come dimora atta a celebrare la fortuna di famiglia acquisita grazie alla fiorente attività della fabbrica di cappelli La Familiare, il palazzo (o villa) Masini venne commissionato all'ing. Giuseppe Petrini, montevarchino di nascita e amico personale dell'imprenditore, nel 1924. Rientrato in Toscana dopo il periodo di formazione e di lavoro a Torino, il Petrini, abbandonata la libera professione, lavorava come ingegnere alle dipendenze delle Ferrovie dello Stato; per tale motivo il progetto venne firmato dall'arch. Luigi Zumkeller, con il quale sorsero, in fase di realizzazione, alcune controversie soprattutto per quanto riguarda l'inserimento della torretta sull'angolo occidentale. I lavori, costati sembra più di 2.000 lire ed affidati alla Ditta Failli di Montevarchi, si conclusero nel 1927; il permesso di abitabilità venne rilasciato il 13 giugno 1928.

La sovrabbondante decorazione esterna, improntata ad un elaborato linguaggio di matrice eclettica, si avvalse dell'opera di numerosi artefici locali e non: i modellatori montevarchini Leopoldo Brandaglia, Giovanni Bianchi e Luigi Chiesi; Alfredo Fini per le decorazioni pittoriche presenti nel loggiato di facciata; la prestigiosa ditta Ulisse De Matteis di Firenze per le vetrate policrome mentre le inferriate, esterne ed interne, e la ricca recinzione in ferro battuto - di cui, in seguito alla campagna del Ferro alla Patria in epoca fascista rimane soltanto il cancello principale - fu realizzata dalla ditta Giulio Bruni di Pistoia. Nel giardino, in origine sistemato all'italiana sul davanti e a pomaio sul retro, i vari gruppi scultorei di animali e di creature fantastiche realizzati in cemento con anima di ferro furono opera dello scultore Leopoldo Brandaglia, famoso negli anni Venti per questo tipo di ornamentazione dei giardini. Il trionfo decorativo prosegue all'interno con le opere plastiche di Elio Galassi e di Pietro Guerri, pittoriche di Emilio Vasarri, lignee della ditta Tassini di Montevarchi. Dal gennaio al luglio 1944 la villa fu sede del Comando militare tedesco e successivamente utilizzata come ospedale dalle truppe americane, per tornare infine ad uso dei proprietari nel 1945. Nel 1943 la rimessa fu adibita ad abitazione per gli sfollati e l'edificio subì diversi lavori di modifica tra cui la costruzione del tetto a falde, che ridusse la torretta posta in angolo a semplice piccionaia. Tra il 1992 e il 1994 sono stati eseguiti diversi lavori di manutenzione e di restauro sia degli annessi che delle decorazioni interne della villa. Villa Masini è stata anche il set di alcune scene del film vincitore del premio oscar La vita è bella di Roberto Benigni.

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